9 aprile – 7 maggio 2016
Modena

Il bizzarro mondo del circo, quello colorato dei luna park, le immagini delle grandi metropoli, le suggestioni della contemporaneità con continui inserimenti di immagini topiche e citazioni tratte dalla storia dell’arte, il caos metropolitano, i riferimenti al mondo della grafica pubblicitaria e ancora a personaggi del mondo fumettistico, il ricorrere ad immagini stereotipate del nostro background collettivo, costituiscono l’universo artistico di Penzo Paolo Franzoso. Continui sono i richiami alle immagini della dimensione estetica dei beni di consumo, con cui l’artista gioca anche in modo quasi dissacrante. “Oggi, il vettore dell’estetizzazione del mondo non è più l’arte, ma il consumo” sostiene infatti il celebre sociologo francese Gilles Lipovetsky, per il quale oggi assistiamo al trionfo del “capitalismo artista”, che ha fatto dell’estetica uno strumento essenziale della propria espansione e sta trasformando radicalmente la società e la percezione stessa dell’arte. Tuttavia il mondo di Franzoso appare abitato anche dalle figure familiari legate alla memoria, dove anche le immagini del quotidiano domestico sono descritte con una consistenza simile a quella dei ricordi, in cui la dimensione autobiografica è fondamentale per la poetica dell’autore. Essa è legata a un senso di esperienza individuale e a pensieri intimi, talvolta sentimentali, elaborati spesso in opere in cui si concentrano vari strati di significato, dato che l’artista utilizza e rielabora elementi più disparati tratti non solo da suoi ricordi personali, ma anche da un patrimonio figurativo “popolare” a cui attinge, come modalità per rapportarsi ad una specie di inconscio collettivo. La narrazione fantastica del tempo presente vuole essere memoria che non appartiene solo all’autore, ma diventano pensieri e memorie anche dello spettatore, di ciascuno di noi; la riflessione personale prima, e generale poi, in cui lo spettatore aderisce sembra invitare lo spettatore a condividere stati d’animo ed emozioni. Dalla grammatica introspettiva di opere come “Camera mia”, “Ciclamin che fuma”, “Carillon”, “Mamma mia” e “La stanza”, dove prevale un linguaggio più intimo e personale a dipinti come “Artisticheria”, “Calimero”, “Fantasia all’opera” in cui convivono personaggi tratti da famosissimi dipinti, da Magritte a Matisse, passando per Leonardo da Vinci, accanto a personaggi più o meno reali, ma realizzati con un linguaggio fumettistico, che colloquiano con soggetti pubblicitari ed eroi disneyani, o come nell’opera “Un cielo per un fiore” dove la suggestione di una drammatica realtà irrompe prepotentemente nell’opera dell’artista, in una dolorosa meditazione sulla realtà e sul tempo che viviamo. Le opere sono realizzate attraverso una sorta di collage con stratificazioni e inserimenti di fogli di giornale a cui l’autore sovrappone spessi strati di colore e resina che accentuano l’idea di tridimensionalità delle composizioni in modo peculiare e sempre diverso. Segno della costante sperimentazione pittorica è anche il frequente utilizzo di annotazioni scritte direttamente dall’autore o realizzate attraverso il collage che, senza essere didascaliche, suscitano un senso di condivisione immediata da parte dell’osservatore.

Paolo Franzoso


Artisticheria (2015)

collage su cartone, acrilico, vernice, cm. 110 x 200

Paolo Franzoso


Carillon ’84 (2015)

collage su tavola, acrilico, vernice, cm. 85 x 120

Paolo Franzoso


Manichino con abito da sposa (2016)

collage su cartone, carta, acrilico, vernice, cm. 133 x 95

Paolo Franzoso


Fantasia all’opera (2016)

collage su cartoncino, acrilico, vernice, cm. 80 x 126